Storia

VITULAZIO – LE ORIGINI ED IL NOME

Le origini del Comune di Vitulazio si perdono in un'antichità remota e distante che appare per molti aspetti ancora una “nebulosa” i cui contorni sono, però, oggi stati delineati almeno nelle linee essenziali.

Suffragata da validi riscontri archeologici sarebbe, infatti, l'ipotesi secondo cui Vitulazio, antichissimo centro di origine italica , risulterebbe esistente già ai tempi di Capua antica etrusca (oggi S.Maria C.Vetere) intorno al VI-V secolo a.C.

Ricerche condotte nell'area del C.I.R.A. (Centro Italiano Ricerche Aeronautiche), presso la Masseria S.Vito di Vitulazio, hanno rivelato la possibilità dell'esistenza di insediamenti umani in un vasto territorio presso il torrente Agnena già nel Neolitico (dal VII al III millennio a.C.), dimostrando ulteriormente l'antichità degli insediamenti sul territorio del nostro Paese.

 

 L'EPOCA ROMANA

Più chiaramente distinguibili i segni lasciati sul territorio dalla presenza romana, a cui per secoli le vicende di Vitulazio si sono intrecciate, ricevendone dignità storica: Vitulazio fu, infatti, almeno a partire dal VI sec.a.C., un casale, cioè poco più che un villaggio agricolo, come altri ( Casilinum o Cales ad esempio) che pure gravitavano nell'orbita di Capua antica etrusca.

La sua configurazione era quella di un vicus, cioè di un'unità insediativa minima, non provvista di mura difensive, ma con carattere di servizio agricolo prestato a favore di un centro più grande ed importante (Capua, per l'appunto) al quale doveva la sua stessa esistenza, non essendo provvisto di una reale autonomia amministrativa.

A supportare la tesi dell'antichità – nonché della “romanità” di Vitulazio - ci sarebbero due forti e probanti indizi: un ritrovamento archeologico e lo studio dell'etimologia del nome “Vitulazio”: per quanto riguarda il primo, presumibilmente effettuato nel periodo compreso tra il 1860 (costituzione del Regno d'Italia) ed il 1929-30 (anno della caduta di Casa Savoia e dell'avvento del regime fascista), esso consiste in una bimillenaria pietra decumaniale rinvenuta in un'area posta tra la Chiesa dei Luciani e Piazza Papa Giovanni XXIII; essa recherebbe inciso il contenuto di una sentenza in merito ad una questione di successione tra eredi della famiglia dei Gracchi (una delle famiglie più note a Roma).

Più complessa ed articolata la questione sulla ricostruzione dell'esatta etimologia del nome Vitulazio , che rimanderebbe comunque ad un inconfutabile passato latino del nostro Paese; diverse sono le ipotesi avanzate a proposito: secondo la versione popolare, la denominazione sarebbe derivata dal latino vitulus (vitello) ed aptius (comparativo di maggioranza che vale “molto adatto”): secondo tale ricostruzione, il nome indicherebbe un luogo molto adatto per l'allevamento dei vitelli, e tale credenza troverebbe conferma nella presenza di due vitelli nel gonfalone del Comune.

Al di là delle supposizioni popolari, più suggestive che attendibili, storicamente fondata appare l'ipotesi secondo cui Vitulaccius deriverebbe dal nome personale latino Vitus e da accius , che significa “campo coltivato”: ciò starebbe quindi a significare che il nucleo insediativo originario di Vitulazio sarebbe coinciso con il terreno di proprietà di un tale Vito.

La ricostruzione più accreditata del toponimo Vitulazio poggia, però, in gran parte sullo studio meticolosamente condotto sull'opera di un grammatico latino del V sec. d.C, Macrobio Teodosio, autore dei Saturnalia in sette libri; in queste pagine viene a profilarsi una nuova radice etimologica di Vitulazio: esso deriverebbe infatti da Vitula , dea di origine italica che, insieme alle dee Vacula e Vica Pota , triade del gruppo della dea Victoria , avrebbe costituito il seguito di Marte, dio della guerra presso i Romani.

Macrobio riferisce, infatti, che Vitulatio era il nome con cui si indicavano i festeggiamenti in onore della dea Vitula presso i Sabini, popolazione italica (cfr. nota) insediata sul territorio poi occupato dai Romani.

Tale ipotesi supporterebbe con ancor maggior forza documentaria la tesi di un'origine italica di Vitulazio e dell'esistenza di un sostrato linguistico e culturale sul suo territorio da identificarsi con quello italico; una prova ulteriore di quanto sopra scritto sarebbe l'iscrizione incisa sul portale della Chiesa madre di Vitulazio, eretta sull'antico tempio di Vitula , che recita : Templum hoc olim fabuloso numini Vitulae dicatum (trad: Questo tempio –fu- dedicato una volta alla leggendaria divinità Vitula).

Ancora: in Contrada Piglialarmi a Vitulazio resiste tuttora allo scorrere del tempo un tempietto sulle cui pareti interne sarebbero raffigurati il dio Marte e due personaggi femminili, che potrebbero essere verosimilmente identificati con Venere e con Cerere: tale iconografia risalirebbe ad un periodo precedente a quello in cui Marte sarebbe diventato dio della guerra nella religione romana, e precisamente a quando il suo culto era legato alla terra, alla primavera, all'agricoltura (ecco spiegata la presenza di divinità femminili, tra cui Cerere, da sempre connessa al lavoro dei campi).

Tirando quindi le somme, il nome Vitulazio connetterebbe il nostro Paese al culto della dea Vitula , venerata presso le popolazioni italiche (Sabini) presenti sul suo territorio, appartenente alla triade della Vittoria al seguito di Marte, divinità alla quale erano dedicati festeggiamenti chiamati Vitulatio e alla quale era stato innalzato un tempio sulle cui rovine sarebbe poi sorta, in tempi molto più recenti, la Chiesa madre; la presenza di un tempio con l'effigie di Marte attesterebbe, inoltre, la presenza forte del culto di questa divinità sul territorio, anche in una fase precedente alla sua “romanizzazione”.

 

I NORMANNI A VITULAZIO

Fin qui le vicende principali del nostro Paese dalla nascita (nell'orbita di Capua etrusca) al periodo romano ( vicus , ovverosia casale, villaggio agricolo alle dipendenze di Capua, oggi S.Maria Capua Vetere); nel V secolo d.C. le invasioni di popoli “barbari”, provenienti dall'Europa centro-settentrionale e portatori di una cultura molto più arretrata e rozza rispetto a quella raffinata dei Romani e, soprattutto, non interessati dal diffondersi del Cristianesimo, misero fine al secolare Impero romano d'Occidente (quello d'Oriente sopravvisse, invece, fino al XV secolo); la cultura, la lingua e le tradizioni latine furono, da quel momento in poi, fortemente contaminate con quelle degli invasori (fra cui Vandali, Unni, Goti, Ostrogoti); particolari tracce della loro presenza, che si protrasse fino alle soglie dell'anno Mille, lasciarono i Longobardi, che fondarono il Principato di Capua (che conobbe un'altra stagione di fioritura e di prevalenza rispetto ai centri circostanti) e che, ancora una volta, assorbì nella sua storia le vicende dei centri vicini, tra cui Vitulazio.

Non solo, ma quando Landolfo I, ultimo Principe longobardo di Capua, fu sconfitto dal normanno Riccardo d'Aversa, nel 1062, le sorti del nostro Paese erano destinate, ancora una volta, ad essere segnate da una presenza forte e decisa, che molte tracce ancora visibili ha lasciato nella sua memoria storica: i Normanni, fiero popolo di guerrieri e di conquistatori giunti dall'Europa settentrionale che, dopo essersi insediati in Normandia (regione meridionale della Francia che da essi prese il nome) e di là dilagati in Inghilterra (successivamente conquistandola), si spinsero fino in Italia, e più precisamente, in Italia meridionale.

Urge a questo proposito una piccola ma necessaria digressione storica: la situazione dell'Italia meridionale era a quel tempo caratterizzata da tendenze alla frammentazione politica e, quindi, da una accentuata divisione del territorio; in particolare, la Campania era divisa nei Principati di Benevento, Salerno e Capua e nei ducati di Gaeta, Napoli ed Amalfi.

Definitivamente insediatisi nelle regioni meridionali, sostituitisi ai principi longobardi di Capua nel 1062, i Normanni portarono avanti (con risultati notevoli) un tentativo di unificazione dei territori ad essi sottoposti: crearono, infatti, un Regno unito che comprendeva le conquiste di grandi condottieri (Roberto il Guiscardo, suo fratello Ruggiero I, Riccardo I di Aversa sono i nomi più conosciuti) e che si estendeva dalla Campania alla Sicilia; si apriva, in tal modo, una parentesi di unità nella storia del particolarismo meridionale e lo strumento di attuazione di tale progetto, finalizzato ad evitare l'indebolimento del potere regale, fu lo schema feudale di ripartizione della terra fra i nobili e la creazione di una gerarchia di poteri molto solida.

Per quel che ci riguarda più da vicino, la presenza normanna a Capua e a Vitulazio (che, lo ricordiamo ancora una volta, era uno dei suoi casali più importanti) lasciò evidenti tracce: fu proprio dei principi normanni l'iniziativa di chiamare il territorio di Caserta “Terra di lavoro”, denominazione che ancora oggi possiede; non solo, ma sappiamo dal Catalogus Baronum (un registro in cui si annotava il contributo che ciascun feudatario recava all'Esercito del Regno) che la Provincia di Terra di Lavoro era a quei tempi uno dei più intensamente feudalizzati e che la maggior parte dei “cavalieri” arruolati proveniva dalle zone dell'entroterra, quindi, proprio dai casali sparsi intorno a Capua, quali Vitulazio, Pignataro, Calvi Risorta.

Il nostro Paese reca ancora nella sua toponomastica i segni del passato normanno: la piazza principale è intestata a Riccardo II (alla cui corte, nel XII secolo, si coniò l'espressione “Terra di Lavoro”), mentre il corso principale porta il nome di Ruggiero I, fratello di Roberto il Guiscardo, che aveva, nel secolo XI, definitivamente allontanato dalla Sicilia i Musulmani ed assunto il titolo di “Gran Conte”, come feudatario del Duca di Puglia e di Calabria.

E' verosimile pure che una impronta normanna tutt'altro che trascurabile sia da rinvenirsi nei nomi e nei cognomi di molti dei cittadini di quest'area più intensamente interessata dalla loro presenza (si citavano prima Pignataro e Vitulazio, appunto): ad esempio Scialdone, cognome davvero frequentissimo a Vitulazio, sarebbe di origine normanna.

Un'eredità, quella lasciataci da questo popolo di fieri e temuti navigatori del Nord Europa, importante e preziosa che rappresenta, nel vasto fiume di presenze che hanno forgiato, nel corso dei secoli, la storia del nostro piccolo Paese, un momento significativo ed indelebile nella memoria storica di Vitulazio.

 

 VITULAZIO DAL MEDIOEVO ALLA MODERNITA'

La dominazione normanna ebbe fine per mano degli Svevi nel XII secolo; Vitulazio, come Capua, seguì la sorte dell'Italia meridionale (prima sveva, poi angioina, poi aragonese, poi borbonica, governata, cioè, come Vicereame del Regno spagnolo), alternando fasi di grande espansione e fioritura culturale a periodi di ristagno e di oscurantismo, nei quali già si evidenziarono i mali che l'avrebbero da quel momento in poi sempre afflitta; nel 1807 un decreto amministrativo di Gioacchino Murat (in pieno periodo napoleonico) conferì a Vitulazio l'autonomia politica da Capua, che continuò, peraltro, a chiamarsi Vitulaccio (tale era il suo nome antico) fino al 1882, quando un decreto regio stabilì che dal 1 gennaio 1883 esso dovesse chiamarsi Vitulazio.

Breve ma drammatica parentesi volle Vitulazio unita a Bellona nel periodo fascista; questi due paesi, fratelli insieme a molti altri limitrofi nel porgere un tributo di sangue e di eroismo alla causa della Liberazione, formarono insieme la municipalità di Villa Volturno; dopo la fine della II guerra mondiale ed il crollo del regime fascista si ritornò all'assetto territoriale precedente: Vitulazio e Bellona tornarono ad essere Comuni distinti, il territorio dei quali veniva ad essere simbolicamente diviso da un piccolo rigagnolo, al fianco del quale fu costruito l'Ossario dei 54 martiri di Bellona, a memoria eterna e riconoscente delle vittime della ferocia nazista, che il 7 ottobre 1943 furono mandate a morire per rappresaglia e gettate nella fossa comune che oggi conserva pietosamente i loro resti.

 

NOTE

Le indicazioni fornite in nota sono necessarie alla comprensione del testo, ma soprattutto, esse servono a fornire un quadro storico generale più completo.

Con il termine italico si indicano generalmente le popolazioni di stirpe indoeuropea stanziatesi nella nostra penisola a partire dal II millennio a.C.; esse erano preesistenti alla nascita della civiltà romana (italici erano i popoli, come gli Etruschi, i Sanniti, gli Equi, i Volsci, gli Apuli, con cui i Romani si batterono per accrescere il loro dominio sulla penisola italica, sia a nord che al centro-sud), tuttavia furono da essa velocemente assorbite.

Solo un rapido riferimento in questa sede alle vicende di Capua antica: la città fondata dagli Etruschi nel IX sec. a.C., poi conquistata dai Greci e dai Romani, punto di riferimento sociale, artistico e culturale della Campania antica, fu distrutta dai Saraceni nel IX sec. d.C.; si decise allora, per volontà del conte Landone I, di ricostruirla in un sito più tranquillo e facilmente difendibile da aggressioni esterne: fu scelto il territorio posto in un'ansa del fiume Volturno, là dove era sorto l'antico insediamento romano di Casilinum. Alla nuova città fu conservato il nome di Capua, mentre l'antico insediamento fu appellato come Santa Maria Capua Vetere, ad indicare che esso era più antico di Capua e per omaggiare la Madonna della Chiesa di Santa Maria Maggiore, rimasta a fare da punto di riferimento al villaggio sopravvissuto alla distruzione. Per chiarezza, quindi, si chiarisce che la Capua della quale si parla, a proposito delle origini di Vitulazio, almeno fino a IX sec. d.C., è quella fondata dagli Etruschi, che oggi si chiama S.Maria CapuaVetere.

Il decumano era una strada che attraversava da est ad ovest la città o l'accampamento romano; le pietre decumaniali erano quindi disseminate lungo il suo tracciato, spesso recando la distanza residua da Roma.

Si ricorda che fu proprio in questo periodo che Capua antica fu distrutta dai Saraceni e ricostruita, per volontà del conte Landone I, sul territorio dell'antica Casilinum, in un'ansa del fiume Volturno, dove oggi ancora sorge, a pochi chilometri di distanza dall'antico centro, che sopravvisse con il nome di Santa Maria Capua Vetere.

 

Ricerche storiche a cura della Prof.ssa Russo Mariangela

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